Birra agricola, orgoglio della Copagri
ANCONA – Oggi la malteria di Casine di Paterno accoglie settantasei soci, birrai agricoli. Settantasei agricoltori che hanno creduto e continuano a credere nel prodotto birra agricola, agricoltori che coltivano orzo nelle loro terre per ricavarne birra di ottima qualità. Il percorso per arrivare a questo risultato è stato lungo, interrotto da una serie di scadenze burocratiche, farraginosi meandri normativi cui Copagri, che di fatto ha “inventato” il prodotto, ha dovuto fare fronte.
ANCONA – Oggi la malteria di Casine di Paterno accoglie settantasei soci, birrai agricoli. Settantasei agricoltori che hanno creduto e continuano a credere nel prodotto birra agricola, agricoltori che coltivano orzo nelle loro terre per ricavarne birra di ottima qualità. Il percorso per arrivare a questo risultato è stato lungo, interrotto da una serie di scadenze burocratiche, farraginosi meandri normativi cui Copagri, che di fatto ha “inventato” il prodotto, ha dovuto fare fronte. Emilio Landi, allora presidente della Copagri Marche, però non è tipo da arrendersi. Il lungo, complicato e impegnativo cammino verso la birra agricola in cui fin da subito ha puntato, è durato quasi un decennio. Dalla fine degli anni ’90 fino al 2008, quando finalmente si è dato il via alla creazione malteria per la produzione del malto. “Non mi sono mai arreso – dice Landi – anche quando all’inizio pochi credevano nel progetto, anche quando dai 25 soci iniziali della cooperativa ne sono rimasti solo 6. Gli altri dispersi a causa delle lungaggini burocratiche e dei cavilli normativi. Anche quando sembrava che tutto il lavoro di anni potesse andare perduto per una scadenza di tempo, io ci ho sempre creduto. E i fatti mi hanno dato ragione”. Ne parla con giusto orgoglio, ripercorre passo passo tutte le tappe, la maggior parte difficoltose, verso l’obiettivo da raggiungere. Una birra agricola che fosse ben diversa da quella artigianale, che avesse caratteristiche proprie, una propria dignità, un proprio marchio, una diffusione e cultura. Ma cos’è la birra agricola e in cosa differisce da quella artigianale o industriale? E’ un prodotto in cui il coltivatore di orzo è direttamente anche artefice in prima persona della bevanda. L’agricoltore destina il suo terreno alla coltivazione dell’orzo, il cereale passa direttamente alla malteria consortile del Cobi per la trasformazione in malto e quindi per la produzione in azienda attraverso strumentazione appropriata. Ben diverso il percorso seguito dalla birra artigianale che non può vantare l’orzo del proprio terreno, poiché di provenienza diversa. Oggi il Cobi, il consorzio italiano produttori dell’orzo e della birra, comprende settantasei soci provenienti da tutta Italia, e c’è la fila perché ancora altri coltivatori vorrebbero entrare. Ingresso reso impossibile per adesso ad altri aspiranti birrai, la malteria può garantire la produzione ai soci effettivi con circa 25 quintali alla settimana. Tanto che anche le altre emanazione dell’orzo nel frattempo felicemente sperimentate e apprezzatissime dal mercato, occupano un ruolo marginale in termini di produzione: gli impianti di Casine non possono far fronte sufficientemente alla loro offerta. Ed è un peccato, perché da quegli impianti escono farine e caffè di qualità. Caffè di orzo, farine di orzo rappresentano una realtà produttiva di pregio e anche gradita, ma ancora troppo esigua per essere pienamente lanciate sul mercato. Il Cobi, con sede ad Ancona, fino al 2011 stava per consorzio marchigiano produttori dell’orzo e della birra. A consigliare il mutamento del nome l’ingresso di soci provenienti da tutta Italia, isole comprese. Oggi ospita soci veneti e toscani, persino dall’Isola d’Elba, piemontesi e lombardi, emiliani, siciliani e sardi, laziali. Il via l’hanno dato le Marche, che ancora oggi detengono il primato sia in ordine al numero di soci presenti sia come riferimento nazionale. “Si sta progettando una malteria più grande – continua Landi – da destinare a una maggiore quantità di malto e quindi di birra agricola, lasciando l’attuale piccola struttura al potenziamento degli altri prodotti derivati dall’orzo. Non è semplice, è una affare da 8 – 9 milioni di euro”. I finanziamenti sono difficile da reperire, c’è da giurare però che Emilio Landi non mollerà.