L’Italia Chiamò a Castelfidardo incanta, pubblico in piedi per uno spettacolo che ha saputo emozionare
CASTELFIDARDO – Raffinato e mai fuori dalle righe il lavoro teatrale presentato ieri al teatro Astra di Castelfidardo L’Italia Chiamò, dedicato alla
straordinaria pagina di unità nazionale che vide nel settembre del 1860 protagonista proprio la cittadina marchigiana. Spettacolo al suo debutto ieri sera, sold out, con replica oggi e l’8 novembre ospite al teatro Vaccaj di Tolentino. Una produzione Guasco fortemente volta dalla Regione Marche e dal Comune di Castelfidardo, Fondazione Ferretti e Tracce di Ottocento, la cui regia è stata curata da Victor Carlo Vitale, attento demiurgo di un risultato affascinate.
Uno spettacolo corale ma tenuto ben saldo dal continuum narrativo di uno splendido Franco Oppini – Italo, protagonista e memoria delle voci, delle storie e delle emozioni raccontate sul palcoscenico. Italo grida e sa confondersi, ricorda, ricostruisce e ricompone con una recitazione pulita e mai sotentata, incantatrice.
Una giovane Italia – Annalisa Sprovieri, presenza scenica possente, ancora immatura, canterina, leggera e frivola ma ansiosa di “nascere” in tutta la sua “indipendenza” voce cantata dalle modulazioni a tratti robuste a tratti tenere, incarnazione di uno dei tratti caratteristici del nostro popolo.
Bravissimi tutti gli attori, puntuali nei ruoli e tempi, sono stati capaci di mantenere alta la tensione narrativa.
Lo spettacolo parte forse con una nota di moderazione, giustificata dalla intenzione di far entrare lo spettatore gradatamente nel clima risorgimentale concitato e drammatico fatto di persone, gli attori incarnazione di soldati piemontesi o pontifici, semplici lavoratori della terra e donne in attesa dei propri uomini, delle sorti di una nazione che ancora non conoscono.
Colpisce il ritmo narrativo impeccabile, l’intersecarsi di voci corali e la singola di Italo, colpiscono i giochi di luce essenziali ma portentosi a sottolineatura di stati d’animo e fatti.
Accessibile ma puntuale la ricostruzione storica mai scaduta nella noia e anzi scelta accuratamente nei passaggi di luoghi e fatti per consentire l’ingresso attraverso la quotidianità delle scene nel clima tanto confuso di anni fondamentali.
A chiusura l’inno di Mameli in chiave rock, una vera chicca suonata dal gruppo Scala Mercalli, di impatto fortissimo mischiato alle ultime battute degli attori, a riportarci al nostro contemporaneo. Un contemporaneo nel quale ancora in parte vivono le contraddizioni, sia pure in forma diversa, di quasi 160 anni fa.
Standing ovation per un lavoro realmente appassionante, che ha saputo tenere sull’ emozione lo spettatore.
L’omaggio infine del sindaco Roberto Ascani, salito sul palco a ringraziare protagonisti e sostenitori, un primo cittadino visibilmente colpito da voci, note e ritmi che hanno saputo avvincere.