Cna Alimentar “modifiche urgenti ai provvedimenti adottati dal governo”
ANCONA – Occorrono modifiche urgenti alla normativa varata per fronteggiare il Covid – 19. Alcuni provvedimenti, infatti, hanno causato degli “effetti collaterali” che potrebbero portare a disagi e problemi per gli approvvigionamenti alimentari e in secondo luogo anche ad una penalizzazione delle poche strutture commerciali del settore alimentare ancora aperte. Tutto questo è emerso ieri sera durante la prima presidenza virtuale (effettuata tramite videoconferenza) della CNA Alimentare della provincia di Ancona e la CNA di area Vasta di Ancona.
L’ ordinanza del 22 marzo 2020 contenente le “Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale”, all’art. 1 vieta a tutte le persone fisiche di spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso da quello in cui si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza o per motivi di salute. Dall’articolo in questione quindi, rileva la CNA Alimentare di Ancona, è stata esclusa la motivazione di necessità che era utilizzata per fare la spesa. Naturalmente nella città (Ancona, Senigallia, Osimo, etc.) tale articolo non ha un effetto distorsivo, ma nei piccoli comuni, dove i punti vendita sono limitati, riteniamo che l’effetto sia quello di poter creare difficoltà, soprattutto se la crisi si protrarrà per più settimane, sia nell’approvvigionamento sia per le tempistiche di attesa (creando quindi code per fare la spesa). La CNA Alimentare di Ancona ritiene necessario coniugare tale provvedimento con un “raggio di spostamento” nei comuni limitrofi che permetta alle famiglie di potersi recare nei punti vendita alimentari che ritiene più adatti, alle sue esigenze evitando quindi storture che potrebbero intasare alcuni alimentaristi e penalizzarne altri. Inoltre questo meccanismo rischia di agevolare la grande distribuzione, che è attrezzata con la spesa on line e le consegne a domicilio, mentre non tutti i piccoli esercenti possono erogare questo servizio.
Altro punto su cui la CNA Alimentare ha già chiesto al proprio Nazionale di intervenire è sull’art. 60 del “Cura Italia”, provvedimento che prevede un credito di imposta pari al 60% dell’affitto di Marzo per i locali accatastati in C1 (commerciali) delle attività che hanno subito il fermo. Secondo la CNA Alimentare di Ancona questo beneficio deve essere esteso anche agli artigiani alimentari che sono stati inclusi nel provvedimento che ha chiuso tutto il settore della ristorazione (il DPCM dell’11 marzo): pizzerie al taglio, gastronomie, rosticcerie, pasticcerie e gelaterie. I locali artigiani sono però accatastati come C3 e per tale ragione riteniamo urgente l’applicazione di questo beneficio anche agli artigiani che hanno dovuto interrompere la loro attività al pari di bar e ristoranti.
“Per la prima volta la nostra associazione ha svolta una presidenza ufficiale attraverso la videoconferenza, collegando i nostri dirigenti dell’alimentare e dell’area Vast di Ancona, una delle zone più importanti per il settore – ha commentato Andrea Cantori, segretario della CNA Agroalimentare e di Area Vasta di Ancona – I nostri dirigenti comprendono che il grande momento di difficoltà non permette di sviluppare una normativa d’urgenza senza effetti distorsivi sul mercato alimentare che rappresentiamo – continua Andrea Cantori, segretario della CNA Alimentare di Ancona – Ma siamo fiduciosi che le segnalazioni che provengono dai territori siano per lo meno ascoltate e valutate. La limitazione degli spostamenti al solo comune di residenza era probabilmente stata studiata soprattutto per evitare gli esodi a cui abbiamo assistito nei giorni scorsi. Purtroppo però ora ha anche effetti nella spesa settimanale delle famiglie costringendole a rimanere nel proprio comune – conclude Cantori – Questo può essere indolore se parliamo di un grande comune con offerta sufficiente, ma in piccoli comuni potrebbe avere un effetto di forte concentrazione dannoso non solo per le attività che si vedono parte della loro clientela fidelizzata impossibilitata a raggiungere il punto vendita, ma anche con la concentrazione in pochi punti vendita con possibilità di creare delle code che si cerca di evitare”.