Caterpillar di Jesi: a casa 270 dipendenti. Il parlamentare osimano Giuliodori (Alternativa) “Una crisi aziendale al mese, stanno smantellando il nostro territorio. Chiederò lumi al MISE”
ROMA – Ennesimo caso di chiusure e licenziamenti per le aziende marchigiane. Stavolta tocca a Caterpillar, colosso americano dei macchinari da costruzione, che ha annunciato la chiusura dello storico stabilimento di Jesi entro marzo 2022.
270 posti di lavoro a rischio, senza nessun preavviso, per un’azienda che non ha problemi di produttività, che anzi negli ultimi anni aveva aumentato la produzione e visto il frequente ricorso agli straordinari. Un fulmine a ciel sereno, a cui i lavoratori hanno risposto bloccando la produzione e annunciando scioperi e mobilitazioni con presidio permanente davanti ai cancelli dello stabilimento.
Un durissimo colpo per la Vallesina, chiude i battenti un’azienda presente da oltre 25 anni, che aveva ereditato la storia industriale di Sima e Hydropro, eccellenze del territorio marchigiano.
Si è interessato alla vicenda Paolo Giuliodori, il parlamentare osimano di “Alternativa”, che presenterà in settimana un’interrogazione al governo. «Ormai – commenta il deputato – c’è una crisi aziendale al mese nelle Marche. Tutte le nostre eccellenze stanno chiudendo, stiamo assistendo allo smantellamento del nostro territorio. Sempre tutto in nome del profitto, delle logiche di mercato, del liberismo sfrenato che lascia terra bruciata ovunque. Un vero e proprio dramma occupazionale, di cui faranno le spese 270 famiglie, ma anche l’intero territorio».
«Caterpillar non è che l’ultima di una lunga serie di crisi che stanno dissanguando il territorio marchigiano. Dalla vertenza iGuzzini alla Ariston-Merloni, dal caso Auchan-Sma fino al più recente Enedo. Dopo il barlume di speranza riacceso dalla questione Elica subito è arrivata un’altra mazzata. Un’ulteriore fuga che ha come causa il solito profitto e come conseguenza le abituali delocalizzazioni, per costi più bassi e maggiore competitività. La causa dei licenziamenti collettivi e della chiusura degli stabilimenti produttivi è sempre la stessa: la competitività, delocalizzare le attività in altri Paesi per risparmiare sui costi. Scelte dettate da logiche di profitto, presentate come l’unico modo per salvaguardare il futuro delle imprese, senza però mai preoccuparsi del futuro di chi ci lavora e del territorio» continua Giuliodori.
«Cosa ha intenzione di fare lo Stato? Presenterò subito un’interrogazione al MISE per chiedere lumi, per capire se il governo ha intenzione di fare qualcosa oppure se preferisce restare con le mani in mano come sempre» annuncia Giuliodori.
«In queste situazioni – conclude – si vede il ruolo dello Stato. E siamo di fronte all’ennesima dimostrazione di come lo Stato, che dovrebbe tutelare il lavoro (primo fondamento della nostra Repubblica), a causa di una classe politica compiacente, abbia perso qualsiasi potere, ingabbiato nel rigido sistema europeo che lascia sempre poco spazio di manovra alle politiche nazionali, in particolare vincoli di bilancio e moneta unica hanno cancellato l’autonomia del nostro Paese».