La riflessione del sindaco Simone Pugnaloni sulla Giornata della Memoria dedicata alle foibe e all’esodo istriano-dalmata
OSIMO – Nella Giornata della Memoria dedicata alle foibe e all’esodo istriano dalmata anche l’amministrazione comunale di Osimo ha voluto attraverso un commento del sindaco Simone Pugnaloni riservare una riflessione.
Parole che invitano a non dimenticare e mantenere vivo il ricordo di uno dei momenti bui della storia recente, perché le giovani generazioni sappiano, prendano le distanze e perché il passare del tempo non inquini la realtà.
“Quelli della mia generazione non hanno conosciuto, per buona sorte, le tragedie che oggi commemoriamo con questa giornata evocativa, ma proprio per questo e a maggior ragione, dobbiamo impegnarci affinché non si verifichino più simili situazioni.
Dunque il “Giorno del Ricordo” è una solennità nazionale istituita nel 2004 e che ogni anno, il 10 febbraio, rinnova la memoria della tragedia delle foibe e dell’esodo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati italiani costretti a fuggire dalle loro terre durante la Seconda guerra mondiale e nell’immediato dopoguerra.
Con la caduta del regime fascista e la dissoluzione dell’esercito e dello Stato italiani dopo l’Armistizio dell’8 settembre, i partigiani di Tito tra il 1943 e il 1945 infierirono sulla popolazione civile, arrestando, torturando e gettando nelle foibe diverse migliaia di persone; tra queste i più furono italiani anche antifascisti, personalità indipendenti, ma odiate perché non volevano seguire le direttive comuniste. Si instaurò così un regime di terrore che avrebbe portato la popolazione italiana a lasciare la terra natale.
Odio e prevaricazione nazionalistica si scaricavano così su popoli di cultura mista e mistilingue come lo sono le terre di confine che, per natura, sono terre permeabili agli influssi e aperte agli scambi.
Al contrario le premesse di odio e di sopraffazione che avevano generato e alimentato il conflitto mondiale non si conclusero nemmeno con i trattati di pace che avevano modificato molte frontiere, causando un grande movimento di profughi, costretti a fuggire spesso nell’indifferenza generale.
Questo fenomeno non risparmiò nemmeno l’Italia nei suoi confini orientali, quando il 10 febbraio 1947, entrò in vigore il trattato di pace con cui le province di Pola, Fiume, Zara, parte delle zone di Gorizia e di Trieste, già Italiane, passarono alla Jugoslavia.
Così nella primavera del 1947 cominciò l’esodo forzato di centinaia di migliaia di italiani che, per non restare sotto il dominio jugoslavo di cui avevano subito le rappresaglie, preferirono abbandonare i luoghi dove avevano costruito la loro vita, ma furono anche privati di tutti i loro beni: spesso queste persone, una volta entrate in Italia, non trovarono il dovuto riconoscimento della loro sofferenza né ebbero il conseguente sostegno; molti emigrarono nelle Americhe o in Australia.
La storia, questa storia non si cancella e le esperienze dolorose, sofferte dalle popolazioni di queste terre, non si dimenticano, ma di fronte a questa ricorrenza così pesante di ricordi penosi non possiamo che ricordare il gesto che il presidente Mattarella e l’omologo presidente Pahor sloveno hanno compiuto nel caldo luglio del 2020 di fronte alla foiba di Basovizza e, sempre insieme, di fronte al monumento dei primi caduti sloveni, a pochi metri di distanza dalla foiba: si sono dati la mano per ricordare e ricordarci che il rancore può essere superato nel patrimonio del ricordo comune”.