Pac, la Copagri chiede correttivi
ANCONA – Una politica agricola comunitaria 2014 – 2020 che poteva essere più coraggiosa. Lo dice Copagri Marche che loda gli sforzi fatti e anche la tracciato delineato dalla UE, ma si pone criticamente verso alcune scelte fatte in passato che ben avrebbero fatto sperare e che invece con il piano economico in vigore non hanno avuto la incisività attesa.
ANCONA – Una politica agricola comunitaria 2014 – 2020 che poteva essere più coraggiosa. Lo dice Copagri Marche che loda gli sforzi fatti e anche la tracciato delineato dalla UE, ma si pone criticamente verso alcune scelte fatte in passato che ben avrebbero fatto sperare e che invece con il piano economico in vigore non hanno avuto la incisività attesa. E’ possibile che in corso d’opera, come accaduto già in passato, venga corretto il tiro nel senso auspicato da Copagri, ma vediamo quali sono i punti che suscitano le perplessità dell’associazione di Ancona. Giovanni Bernardini, presidente di Copagri Marche fornisce una lettura della nuova Pac e spiega quali sono i punti di debolezza della riforma “L’Unione europea non ha avuto coraggio di stravolgere la riforma della politica agricola comunitaria come invece aveva accennato. Nel periodo di disaccoppiamento, già nel 2004 – 5 per poi proseguire nel 2009 10, quando agli agricoltori venivano pagati i contributi in base a titoli e non in base a quello che coltivavano, guardavamo con occhio speranzoso e critico: speranzoso come fase di sviluppo perché eravamo convinti che non vincolare più agricoltori alla tipologia di coltivazione ma lasciandoli liberi nella scelta della coltivazione avrebbe assicurato loro soddisfazione economica e professionale”.Tuttavia aver ancora fissato il contributo al titolo di fatto “lega” e penalizza gli agricoltori. Una prassi quella dei titoli che dal 2005 in poi ha dato il via alla loro commercializzazione, a una speculazione perversa che di fatto non ha aiutato il mondo agricolo. Vendita e commercializzazione dei titoli, per ottenere il contributo bastava avere come requisito un ettaro di terreno, hanno cominciato a dilagare, a tutto scapito di chi realmente avrebbe avuto diritto. Se dunque da una parte i singoli imprenditori con la Pac attuale si sono liberati dalla catene della coltivazione dettata e possono oggi come oggi decidere liberamente cosa coltivare, senza limiti nella scelta, certi di poter comunque accedere ai contributi comunitari, rimangono dubbi per la metodologia, legata appunto ai titoli “E’ una mostruosità – commenta Bernardini – che speriamo venga corretta”. La riflessione di Copagri è legata alla produzione, all’essere effettivamente coltivatore o allevatore “Con questa ultima riforma tutte in assoluto le colture possono beneficiare di contributo. Questo è positivo, era quello che speravamo: l’ agricoltore così può programmare la sua azienda senza vincolo di contributo – tipologia. L’unico vincolo che continua a mettere l’Europa è la salvaguardia ambientale ovvero il greening. Il motivo per cui siamo guardinghi riguarda la metodologia, hanno inserito ancora l’erogazione in base a titoli a coloro che già avevano titoli in precedenza, e questo non ci piace, perché vuol dire dare contributi a chi li ha, così non si crea sviluppo né incremento. Continuando a dare contributi sui titoli e non sull’ essere agricoltore o avere un’azienda favorisce la speculazione che continuerà a esserci. La nostra idea è alla presentazione di domanda il 15 maggio, la divisione del plafond italiano sul numero degli agricoltori che sono tali in quel momento in base agli ettari, quindi tanto prendevo io tanto prendeva lui e si produrrebbe qualcosa di diverso. Si sarebbe spostato il contributo sulla effettiva coltivazione del fondo e sulla effettiva produzione”.