Legambiente, depurazione Marche: 89% di copertura ma il 50% degli agglomerati più grandi è in d’infrazione
ANCONA – Legambiente presenta il primo dossier sullo stato dell’arte della depurazione in regione:
“Subito un piano di interventi per sanare la situazione e porre le basi per una gestione delle acque innovativa”
Le Marche contano l’89% di copertura del servizio di depurazione per i reflui urbani ma il 50% degli agglomerati più grandi è interessato dalla procedura di infrazione europea.
Questi sono i primi dati che emergono dal dossier “La depurazione nelle Marche, stato dell’arte e proposte per un mare pulite” curato da Legambiente e presentato questa mattina in conferenza stampa alla presenza di Giorgio Zampetti, responsabile scientifico nazionale di Legambiente, Francesca Pulcini, presidente di Legambiente Marche e Leonello Negozi e Marco Ciarulli, curatori del rapporto.
Nelle Marche, secondo il censimento delle acque ad uso civile dell’Istat (2014), sono presenti 812 impianti, 64 dei quali con trattamento primario e 322 che effettuano un trattamento secondario. Il trattamento avanzato è adottato da 63 depuratori, infine ci sono una serie di piccole utenze, 363, non allacciate al sistema fognario e che, per normativa, devono adottare dei sistemi individuali. L’ultima procedura di infrazione aperta dall’Europa (2014/2059) riguarda 46 agglomerati marchigiani per inadempienze della direttiva 1991/271/Cee (inerente il trattamento delle acque reflue urbane) perché i depuratori non rispondono ai requisiti che la direttiva chiedeva di rispettare già entro il 2005. Inoltre gli agglomerati di Pesaro Urbino sono stati già oggetto di una condanna da parte dell’Europa per una precedente procedura d’infrazione conclusasi nel 2013 (C-85/13). La mancata applicazione della Direttiva potrebbe tradursi in una multa che la Regione dovrà pagare all’Europa, come è già successo per altre regioni italiane con le due precedenti procedure di infrazione sfociate in condanna. Una multa stimata da Italia Sicura, l’unità di missione della presidenza del Consiglio dei Ministri che segue le tematiche del rischio idrogeologico e della depurazione, in 11 milioni di euro. La sanzione ha termine nel momento in cui sarà completato l’adeguamento, rispetto ai canoni indicati dalla direttiva europea, degli impianti del servizio depurazione e fognatura, risorse che potrebbero essere investite da subito per un concreto ed efficace piano degli interventi. Al momento la legge di Stabilità del 27-12-2013 n. 147 e il Piano Straordinario di tutela di gestione della risorsa idrica (D.M. 271 del 13-11-2014) hanno messo a disposizione 7,2 milioni di euro (4,7 milioni sono stati liberati dalla legge di stabilità, 2,5 milioni come fondi statali aggiuntivi) per il periodo 2014 – 2017, che diventano 10 grazie al cofinanziamento tariffa-gestore del servizio idrico. Fondi destinati interamente agli agglomerati di Pesaro e Urbino in quanto oggetto della condanna C-85/13.
“Per uscire da questa empasse è importante tener conto dei tanti aspetti che riguardano il sistema di depurazione, della rete fognaria e la qualità delle acque nel suo complesso – commenta Giorgio Zampetti, responsabile scientifico nazionale di Legambiente – mettendo in campo politiche e piani strategici e innovativi. È necessario fornire strumenti economici, di programmazione, qualità dei progetti e un percorso trasparente e certo nei tempi per la conclusione degli interventi di adeguamento del servizio di depurazione alla normativa comunitaria. Infine riteniamo necessario rafforzare il sistema dei controlli, non solo lungo la costa ma anche su fiumi, fossi e scarichi nell’entroterra, finalizzati ad individuare scarichi illegali non depurati o impianti mal funzionanti, attraverso la collaborazione con le forze dell’ordine, anche alla luce dei nuovi strumenti messi a disposizione dalla legge sugli ecoreati.“
A richiamare con forza l’attenzione sul servizio di depurazione ci sono anche altri aspetti indissolubilmente legati tra di loro, come la scarsa qualità delle acque alle foci dei fiumi, secondo cui nelle Marche l’80% non ha raggiunto un livello qualitativo “buono” nei termini della direttiva 2000/60, e gli scolmatori di piena che mettono a rischio, in occasioni di forti piogge, il funzionamento anche dei depuratori considerati “a norma” e impattano prepotentemente con la qualità delle acque di balneazione, facendo sì che i divieti per i bagnanti si presentino sempre più frequentemente. A questo proposito serve inoltre un piano di interventi per la realizzazione di reti fognarie che vedano la separazione delle acque bianche dalle acque nere per garantire una migliore efficacia del sistema depurativo ed evitare che vada in crisi dopo fenomeni di precipitazioni intense, sempre più frequenti.
“Per ottenere risultati è importante avviare un lavoro di squadra che metta insieme Regione, enti locali, Arpa Marche, operatori turistici e balneari e cittadini – aggiunge Francesca Pulcini, presidente di Legambiente Marche -. Un lavoro di rete può concorrere ad una gestione più innovativa del servizio integrato delle acque e costruire una nuova consapevolezza di una risorsa così centrale e strategica. Un lavoro a cui l’esperienza dei contratti di fiume, avviata positivamente nelle Marche, può dare molto in termini di partecipazione e di nuova cultura nella gestione del territorio. Inoltre, il miglioramento della qualità delle nostre acque è un obiettivo non più rinviabile e che ci permette di tutelare la salute, l’ambiente e il turismo che sempre più si dimostra un settore strategico e trainante per la nostra economia”.
Il dossier completo è scaricabile al sito www.legambientemarche.org
Legambiente Marche