Paolo Giuliodori (AC) sulla questione Enedo: “L’ennesima crisi aziendale nel nostro territorio, sempre per la logica del profitto a tutti i costi”. E richiama le responsabilità dello Stato
ROMA – Nuovo caso di licenziamenti per le aziende marchigiane. La multinazionale svedese Enedo il 14 ottobre scorso, durante un incontro con i sindacati, annunciava un’imminente procedura di licenziamento collettivo che avrebbe coinvolto 35 degli 85 dipendenti della sede di San Biagio di Osimo e al momento i confronti tra le parti sociali non hanno raggiunto risultati significativi.
Si è interessato al problema Paolo Giuliodori, il parlamentare di Osimo de L’Alternativa C’è, che dopo aver incontrato i dipendenti di Enedo oggi ha presentato un’interrogazione al governo in Commissione Lavoro.
«L’ennesima crisi aziendale che coinvolge il nostro territorio. Una tragedia occupazionale che rischia di mandare a casa 35 lavoratori, probabile preludio di una chiusura totale della sede. Siamo stanchi di vedere aziende storicamente importanti chiudere i battenti, licenziare e delocalizzare. Le logiche di profitto prevalgono su lavoro, famiglia, occupazione. E ancora una volta lo Stato sta a guardare» accusa amareggiato Giuliodori.
«Oggi – prosegue il deputato – durante il question time in Commissione Lavoro ho chiesto chiarimenti al ministero, soprattutto per capire se il governo ha intenzione di fare qualcosa oppure se preferisce non muovere un dito come sempre».
Sono passati circa 10 anni da quando Enedo iniziò la delocalizzazione della produzione in Tunisia, lasciando nelle Marche gli altri reparti. Non molti anni fa si contavano ben 400 dipendenti, ma attualmente i lavoratori della sede osimana sono solo 85 in totale, un numero ben lontano dai 400 precedenti ai vari passaggi di proprietà dell’azienda.
«Enedo non è un caso isolato. Il territorio delle Marche è interessato da numerose crisi industriali (le vertenze iGuzzini, ex-Merloni e soprattutto Elica, vicenda che riguarda 409 lavoratori in esubero) che impattano negativamente sull’occupazione. Senza dimenticare la recente ferita della chiusura di Auchan-Sma. La causa dei licenziamenti collettivi e della chiusura degli stabilimenti produttivi è quasi sempre la stessa: la scelta aziendale di delocalizzare le attività in altri Paesi Ue o extra-Ue. Scelte dettate da logiche di profitto, presentate sempre come una condizione necessaria a salvaguardare il futuro delle imprese, senza però preoccuparsi del futuro di chi ci lavora e del territorio» continua Giuliodori.
Ma purtroppo il problema è ben più grande e complesso. Tutta l’Italia è interessata da crisi aziendali e vertenze industriali, come testimonia l’altissimo numero di tavoli aperti al Ministero dello Sviluppo Economico. Soltanto da marzo 2020 a oggi ci sono stati 192 incontri tra imprese e sindacati per vertenze di carattere nazionale. Dai dati ISTAT risulta che solo nel biennio 2015-2017 circa 700 imprese hanno trasferito all’estero attività o funzioni aziendali precedentemente svolte all’estero.
«Purtroppo – conclude Giuliodori – lo schema è sempre lo stesso: delocalizzazione extra-UE ma anche all’interno della stessa Europa, casi emblematici di delocalizzazione e dumping salariale fra paesi europei a scapito dei lavoratori. Delocalizzazioni che rischiano di desertificare intere aree produttive e creare una landa desolata di disoccupazione e povertà. Avremo aziende sempre meno legate al territorio perché costrette a fare i conti con il mercato globale. E la cosa ancora più grave è che spesso queste aziende non sono in crisi, come nel caso di Enedo. Lo Stato deve tornare a tutelare imprese e lavoratori, non essere solo il boia dell’Europa».