Moni Ovadia incanta il pubblico del Politecnico in una serata dedicata a Enzo Jannacci
ANCONA – Ha incantato e saputo toccare al cuore con la sua performance. Moni Ovadia l’altra sera ospite dell’Aula Magna del Politecnico delle Marche ad Ancona, con uno spettacolo dedicato a Enzo Jannacci. In seconda fila anche il presidente e il coordinatore dei volontari Auser Matteo Biscarini e Mauro Gramuglia e il segretario osimano della Cgil Spi Carlo Sorpino. “Il nostro caro Enzo…ricordando Jannacci” ha accolto tutti gli applausi che gli sono stati tributati meritatamente. “Vengo anch’io non tu no” un classico tra i classici per aprire e scaldare subito la platea, e poi un excursus tra ingiustizie sociali, guerre e mancate occasioni economiche per l’Italia, ma soprattutto un ricordo del grande cantautore – medico milanese che tanto ha dato a Ovadia. Lui stesso lo ha sottolineato, raccontando che pur avendo incontrato Enzo personalmente una sola volta, ne ha attinto a piene mani in fatto di ispirazione artistica e modo di sentire. Rappresentante di una Milano che non esiste più
Jannacci, ha detto Moni, abitava sui Navigli, quando ancora erano luogo vivibile, quando non avevano subito la drastica e brutta trasformazione di oggi. Ad aprire la serata il rettore del Politecnico Sauro Longhi, a proseguire sulla scena un istrionico, come sempre, e attento osservatore dell’uomo. Gran parte della serata è stata dedicata alle brutture della guerra, in particolare al primo conflitto mondiale “Il più atroce fra tutti” ha commentato Ovadia. E una musica lunga quanto il filo dei tanti argomenti trattati su parole e musica di Jannacci. Ovadia cantante e un incredibile Maestro Alessandro Nidi al pianoforte.
Perché Jannacci? Perché ha saputo interpretare il sottobosco umano, la miseria quotidiana, il disagio metropolitano e sociale più di altri cantautori italiani. Perché con le canzoni dedicate alla guerra ha colpito il cuore l’orecchio e l’animo di chi ascolta aprendo la finestra su un’umanità debole, fragile, impaurita, fiera nella sua miseria, ha dato voce a lettere scritte dal fronte, a istanti terribili trasformandoli in poesia rara.
A chiudere “Mamì” altro classico, per dare spazio a un Enzo conosciuto al grande pubblico accanto a quello più intimo e profondo delle canzoni meno note e forse più belle.